Sull’O.M. e sulle Linee guida per la valutazione nella scuola primaria

La nuova normativa sulla valutazione degli apprendimenti nella scuola primaria potrebbe segnare una svolta

Una svolta per la scuola?

La nuova normativa sulla valutazione degli apprendimenti nella scuola primaria potrebbe segnare una svolta. È forse la prima volta che nello stesso documento ministeriale sulla valutazione viene proposto un percorso metodologicamente corretto e troviamo parole come: metacognizione, autovalutazione, strumenti… Le novità introdotte, tuttavia, potranno rappresentare elementi di cambiamento nella cultura valutativa della scuola e del Paese a condizione che si attivi un percorso progressivo di confronto tra gli insegnanti e di ricerca azione dei collegi, senza i quali si corre il rischio che anche con le nuove norme, e in assenza di voto, sopravvivano pratiche valutative focalizzate solo sulla rilevazione dei risultati, non in dialogo con la progettazione didattica, incuranti del processo di apprendimento e per questo incapaci di essere formative. Affinché questo non accada, vanno evitate da subito semplificazioni (come quella suggerita dalla nota Ministeriale che ha prospettato una improvvida analogia voti-giudizi con esempi di traduzione degli uni negli altri) e traduzioni tecnicistiche del nuovo dispositivo che inevitabilmente finirebbero con il neutralizzare le parti più innovative del nuovo impianto. Cosa diversa è individuare una progressione nell’implementazione della norma, del resto prevista dalle stesse Linee guida. I dirigenti scolastici dovrebbero promuovere e favorire momenti di confronto tra gli insegnanti per una conoscenza approfondita e critica dell’O.M. e delle Linee guida, per studiarne l’impianto e approfondirne i contenuti. Soprattutto andrebbero enucleati e discussi gli spazi in cui il Collegio dei Docenti può esprimere le proprie prerogative: definizione dei criteri di valutazione e degli obiettivi di apprendimento, scelta degli strumenti di valutazione, formulazione del giudizio descrittivo e autovalutazione dei bambini e delle bambine. Si tratta per gli insegnanti di avere consapevolezza delle direzioni tracciate, di non subire la norma ma di accoglierne in modo attivo le opportunità aperte per esprimere un nuovo protagonismo professionale per una valutazione funzionale all’emancipazione di tutte e tutti. Ci vorrà qualche anno, durante i quali gli insegnanti vanno accompagnati e sostenuti con azioni coerenti e investimenti costanti in formazione da parte del Ministero e del Governo. Ma anche con l’impegno sinergico tra docenti, dirigenti, associazioni professionali, università chiamati a costruire le condizioni necessarie ai cambiamenti culturali e professionali per riempire di “senso” pedagogico e concretezza didattica quella che, come altre volte è successo nella storia della scuola, potrebbe restare una impotente cornice normativa. In questa fase di grave emergenza sanitaria, mentre si parla di ristori per quello che bambini e studenti stanno perdendo come occasioni di crescita, riunirsi intorno ad una comune responsabilità politica e pedagogica, lavorare insieme per una valutazione formativa è una prima forma di risarcimento. Significa realizzare un cambio di passo: fare della scuola un’impresa pedagogica collettiva per liberare ognuna/o dai condizionamenti culturali, sociali, economici gravemente amplificati per i più svantaggiati dalla pandemia e permettere a tutti/e di crescere e sviluppare al massimo il proprio potenziale di cittadinanza attiva. È “uscirne insieme” proprio in un momento in cui è maggiormente a rischio la democrazia e il futuro del Paese.

Anna D’Auria

La funzione della valutazione

O.M. e Linee guida pongono l’accento sulla funzione di autoregolazione del processo della valutazione sia per l’insegnante che per l’alunno. La valutazione deve poter suggerire strategie individualizzate
L’Ordinanza e le linee guida affermano un principio di fondo: la centralità della valutazione formativa e la sua primarietà rispetto alle altre principali funzioni (sommativa e certificativa). A scuola, infatti, si valuta soprattutto per accompagnare i ragazzi aiutandoli a raggiungere i loro apprendimenti. Le funzioni di bilancio finale e di comunicazione sono subordinate al momento formativo (e non viceversa, come spesso ancora accade). L’apprezzamento da parte dell’insegnante è un momento formativo che sarà completato dall’autovalutazione da parte dell’alunno. L’autovalutazione e l’organizzazione di attività e valutazioni individualizzate sono i passaggi necessari per favorire l’autoregolazione degli apprendimenti. L’autovalutazione investe anche l’insegnante, il quale, a sua volta, è chiamato a riflettere sulla qualità delle pratiche didattiche utilizzate. Sia la valutazione in itinere che quella conclusiva dovranno anche seguire un corretto iter metodologico, l’unico che può garantire affidabilità e utilità alla valutazione, quelle che né il voto né un giudizio improvvisato (entrambi condizionati da preconcezioni ed effetti tecnici inconsapevoli) riuscirebbero a garantire. Le linee guida offrono alcune utili indicazioni in questa direzione.

Enrico Bottero

Gli obiettivi di apprendimento

Le indicazioni che arrivano dal Ministero, con la richiesta di identificare gli obiettivi di apprendimento su cui lavorare e rispetto ai quali esprimere un giudizio, vanno nella direzione di un approccio analitico alla valutazione. Un approccio che facilita la trasparenza, rendendo più dettagliata l’osservazione e il relativo feedback, e diventa garanzia di contenimento di quel modello classificatorio rappresentato dalla sintesi delle discipline con il relativo giudizio.

Il testo dell’Ordinanza Ministeriale e le Linee Guida sanciscono definitivamente ed in modo chiaro quale valore debba assumere la valutazione. Si parla infatti di una valutazione di tipo formativo per l’apprendimento, a significare che il processo valutativo si mette al servizio del processo di insegnamento-apprendimento, lo assiste in modo costante sin dai primi momenti. Tale cambiamento di prospettiva è di fondamentale importanza in quanto contrasta il principio, sin troppo utilizzato nella pratica didattica, di considerare la valutazione come l’atto finale del processo di insegnamento-apprendimento, basato su dinamiche prettamente trasmissive del sapere da un soggetto ad un altro, assumendo in tal senso un valore esclusivamente sommativo e certificativo. Il cambiamento del punto di vista presuppone dunque una nuova impostazione del lavoro da parte dell’insegnante che dovrà dotarsi di una precisa metodologia, riguardante soprattutto la natura degli obiettivi di apprendimento e dei criteri di valutazione, sulla base della quale definire una progettazione didattica che abbia come solida base un insieme di obiettivi di apprendimento relativi ai Curricula di Istituto e alle Indicazioni Nazionali (in tal senso gli obiettivi non saranno più identificati con le singole discipline bensì con specifici traguardi da osservare e valutare). L’insegnante dovrà quindi pensare ad attività didattiche che permettano, attraverso una osservazione continua e strutturata, di far emergere quelle informazioni, quei feedback-guida che consentono di valutare i progressi degli alunni, i processi metacognitivi, gli aspetti emotivi e le dinamiche sociali dell’apprendimento, nonché di orientare il processo stesso di insegnamento-apprendimento, in modo da renderlo sempre più efficace e differenziato.

La valutazione non dovrà essere più considerata come una seconda fase del lavoro, bensì dovrà essere curata sin dall’inizio dell’anno scolastico, legandola a doppio filo alla fase di progettazione didattica e di analisi dei bisogni.
Gabriele Recchia

I livelli

La valutazione scolastica ha un ruolo eminentemente formativo, ma non esclude quello certificativo. In questo nuovo scenario, esso viene realizzato ricorrendo a quattro livelli codificati (in via di prima acquisizione – base – intermedio – avanzato), non a caso, gli stessi della certificazione delle competenze prevista per la quinta classe della scuola primaria.

L’indicazione di un livello per ogni obiettivo o per più obiettivi raggruppati in nuclei tematici, è, ancora una volta, garanzia di contenimento del modello classificatorio connaturato alla dimensione certificativa della valutazione. L’idea che vengano proposte delle dimensioni “universali” (dimensioni che le diverse scuole possono anche implementare), rispetto alle quali costruire i livelli di apprendimento, toglie la discrezionalità al punto di vista del docente, rendendo espliciti i criteri del suo giudizio. Sono proprio le dimensioni dei livelli di apprendimento (autonomia, tipologia della situazione, risorse, continuità) ad ampliare il focus dell’osservazione: non solo i contenuti, ma anche
i processi attraverso i quali si raggiungono i risultati.
Affinché il documento di valutazione mantenga il suo valore formativo, è necessario che il giudizio descrittivo rimanga ancorato agli obiettivi di apprendimento, descrivendo il percorso di ogni studente a partire dal suo di partenza. Limitarsi a riportare quanto espresso dai livelli, distoglie l’attenzione dall’individualità di ogni studente, lasciando il passo al vecchio modello classificatorio.

Davide Tamagnini

Strumenti di valutazione e giudizio descrittivo

Le linee Guida introducono elementi di novità rispetto agli strumenti di rilevazione delle evidenze legate all’apprendimento. Si sottolineano la complessità dei processi e la necessità di raccogliere informazioni in modo articolato, coerente e differenziato attraverso strumenti funzionali alla formulazione del giudizio descrittivo. L’aspetto fondamentale è che strumenti diversi, con un diverso grado di strutturazione, assumono pari valore e concorrono alla formulazione del giudizio descrittivo: si evidenzia quindi la rilevanza di strumenti come l’osservazione e l’analisi delle interazioni verbali che permettono in modo articolato di rilevare e restituire il processo di costruzione degli apprendimenti. In questo contesto le prove di verifica o i compiti esecutivi rappresentano degli strumenti fra gli altri per raccogliere elementi utili alla formulazione del giudizio in relazione agli obiettivi oggetto di valutazione, ma non rappresentano più la forma unica e privilegiata di rilevazione. Un altro elemento qualificante è la sottolineatura che non sarà possibile considerare le diverse informazioni raccolte in un’ottica sommatoria, ma sarà necessario delineare l’evoluzione degli apprendimenti nella continua modificabilità e progressione che caratterizza i percorsi di ciascun bambino e di ciascuna bambina.

In questa direzione il terzo esempio riportato nelle Linee guida ci fornisce la possibilità di delineare, attraverso un giudizio narrativo, il valore processuale dell’apprendimento, di contestualizzare gli apprendimenti e di descrivere le situazioni all’interno delle quali è stato possibile rilevarne le informazioni, avendo sempre come focus gli obiettivi esplicitati nel documento stesso. Non limitandosi unicamente ad esaurire il giudizio descrittivo con i livelli che non permettono una piena individualizzazione del processo valutativo.

Sonia Sorgato

Autovalutazione

Nel documento sono ripresi i riferimenti all’autovalutazione e al favorire processi metacognitivi che devono accompagnare il processo di apprendimento, già presenti nelle Indicazioni Nazionali e nella Legge n. 62/2017. Per diventare autenticamente efficace e contribuire alla regolazione degli apprendimenti, la valutazione deve essere accompagnata da una riflessione che conduce alla scoperta dei criteri che consentono di valutare un compito e degli obiettivi del compito stesso. Scopo dell’insegnante è accompagnare gradualmente ciascuno/a alla presa di coscienza del proprio funzionamento cognitivo, perché gli alunni possano decidere se modificare o cambiare il proprio modo di procedere. Anche gli insegnanti, preferibilmente in condivisione, a seguito dell’autovalutazione dell’allievo, possono autoregolare e rivedere le proposte andando incontro ai bisogni emersi (differenziazione e individualizzazione).

Gli insegnanti possono scegliere autonomamente di quali strumenti servirsi per favorire la metacognizione (dall’osservazione, al dialogo per invitare a giustificare le proprie scelte, argomentazioni, al feedback) rispetto a conoscenze, abilità e competenze, anche trasversali. L’autovalutazione da oggi può essere inserita nella formulazione del giudizio descrittivo restituendo a chi apprende il ruolo esplicito di protagonista riflessivo. I Collegi docenti sono invitati a servirsi di questa significativa possibilità perché una valutazione è realmente formativa quando studenti e insegnanti possono condividere i risultati, interpretarli e servirsene per prendere decisioni sui passi successivi da fare.

Raffaela Maggiolo

La formazione

La formazione ha un ruolo cruciale per far sì che le novità introdotte dalla normativa e delle Linee Guida si traducano in una innovazione reale delle pratiche valutative scolastiche.
L’affermazione del carattere formativo della valutazione, che è la pietra angolare dell’impianto elaborato dal gruppo di lavoro ministeriale, è legata alla capacità di cambiare la domanda a cui vogliamo rispondere con la valutazione: non dobbiamo più chiederci, come scrive Enrico Bottero, «Chi è il migliore?» ma piuttosto «Tutti hanno imparato ciò che potevano e dovevano imparare?». Per fare questo occorre una trasformazione profonda, da sostenere con una formazione sui caratteri culturali e pedagogici della valutazione formativa. Affinché il passaggio dal voto numerico al giudizio descrittivo non sia recepito come un adempimento formale, occorre lavorare sulle pratiche, valorizzando la ricerca di tante e tanti insegnanti e tante scuole che questa trasformazione l’hanno già realizzata: documentando e disseminando il loro lavoro, che è ancorato alla realtà della scuola, si possono offrire alle altre scuole molti esempi, molte piste possibili di lavoro.

Ma poiché le buone pratiche non sono “ricette”, modelli procedurali da applicare, occorre anche pensare una formazione che le renda generative, cioè che consenta a ogni singola scuola di mettersi in ricerca, partendo dall’analisi del loro contesto specifico, dei loro bisogni formativi, lasciando lo spazio di invenzione di altre pratiche di valutazione formativa che possono essere condivise con la comunità professionale. Occorre inoltre una “ricerca cooperativa” tra chi lavora nella scuola e chi si occupa di ricerca educativa nelle università, negli enti di ricerca, nelle associazioni professionali per fare in modo che le pratiche valutative possano essere interrogate criticamente, anche in questo caso con l’ottica del miglioramento.

È infine importante che la formazione sia pensata su tempi distesi, perché l’innovazione didattica non è un processo veloce: se è facile documentare buone pratiche intraprese per iniziativa di dirigenti scolastici e piccoli gruppi di insegnanti, è molto più raro trovare casi in cui l’innovazione è “messa a sistema” perché riguarda l’intera comunità professionale di un istituto scolastico, ed è radicata, cioè perdura a prescindere dai suoi iniziatori.

Laura Parigi

Il registro elettronico

Il mezzo di comunicazione più utilizzato dalle istituzioni scolastiche nei confronti delle famiglie è il registro elettronico. Questo non dovrebbe essere visto né come unico strumento informativo né tantomeno come obbligatorio. Bisogna, però, prendere atto del fatto che sia la scuola e con essa gli insegnanti, sia le famiglie sono ormai abituati a interfacciarsi con il registro elettronico. Sarà necessario, allora, costruire all’interno di questo strumento una sezione che accolga la documentazione del processo di valutazione degli apprendimenti delle bambine e dei bambini. Uno spazio in cui poter inserire le prove di verifiche, le osservazioni dell’insegnante e degli alunni rispetto al processo di apprendimento specifico, le rubriche valutative… Queste ultime dovrebbero esplicitare i risultati attesi condivisi precedentemente sia dagli insegnanti che dagli alunni; gli indicatori, cioè i comportamenti osservati per confermare se un determinato obiettivo è stato raggiunto o meno (si possono anche inserire solo gli indicatori che il bambino è stato in grado di raggiungere sino a quel momento e accanto a questi descrivere il percorso da attivare per raggiungere gli obiettivi successivi); i livelli che possono essere arricchiti da un giudizio descrittivo. La valutazione in itinere fa parte ed è una tappa fondamentale e imprescindibile del processo di insegnamento/apprendimento, ma la sua funzione principale è quella di accompagnare gli alunni e gli insegnanti nel loro percorso formativo fornendo informazioni dettagliate sul modo di apprendere delle bambine e dei bambini, così da poter suggerire tempestivamente quali interventi effettuare per rimodulare la propria progettazione didattica.

Silvana Testa

Obiettivo raggiunto in parte. Continua la campagna ‘VOTI A PERDERE’

L’abolizione dei voti alla primaria non può che essere considerata un successo per chi come il MCE ha da sempre contestato la funzione selettiva e discriminatoria del voto e promosso la funzione di valorizzazione e promozionale della scuola dell’obbligo. Non si può però non rilevare la sconnessione determinata da due sistemi di valutazione che convivono negli stessi istituti ormai per gran parte comprensivi. Quando sarebbe indispensabile invece una visione unitaria in verticale dell’intero percorso dell’obbligo 6-16. Una tale difformità pedagogica non può che sollecitare, neanche tanto velatamente, forme di respingimento e produrre insuccesso e in prospettiva dispersione alla secondaria. Noi insistiamo convinti che solo un sistema unitario coerente e organico come lo aveva delineato Bruno Ciari può offrire a tutti e tutte un percorso di promozione sociale e culturale, un rinforzo dell’autostima e dell’immagine di sé, incentivare una responsabilizzazione e un impegno personale e civile. Chiediamo troppo? Noi pensiamo che solo lo sforzo, la fatica collegiale di individuare elementi coesi, analisi dei percorsi, progettazione di buone pratiche, riscontri ai destinatari, di ipotizzare e procedere verificando in modo non tassonomico, di definire procedure comuni, e che è compito dei dirigenti scolastici canalizzare, costituiscano la soluzione a cui pervenire in un istituto che si ponga l’obiettivo di essere anzitutto una comunità di pratiche e di intenti. Per questo ribadiamo la nostra speranza in una scuola dove abbia titolo un rinnovato impulso ecologico: ‘voti a perdere’, valutazione formativa, autovalutazione dei ragazzi e dei docenti. E, rivolgendo la nostra preoccupazione al mondo della scuola, dell’Università, della ricerca, chiediamo al governo, al Ministero dell’istruzione, l’abolizione del voto e l’estensione del giudizio descrittivo anche alla scuola secondaria di primo grado.

Giancarlo Cavinato

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