Dall’inciampo all’assemblea

La motivazione ad iniziare.

Siamo partite dopo aver fatto un corso di formazione promosso dal gruppo territoriale MCE di Pisa sulla risoluzione non violenta dei conflitti nel quale si proponevano tecniche ispirate al lavoro di Freinet, portate appunto dal gruppo, assieme ad altri strumenti proposti dall’associazione “Un ponte per” che conduceva assieme a noi il laboratorio.

All’epoca io e Raffaella avevamo una classe quinta e uscimmo dall’esperienza convinte che avremmo iniziato di lì a poco.
Dopo qualche settimana però, io mi dovetti assentare dal lavoro per un periodo per cui decidemmo di aspettare il mio rientro.

Il caso volle che io non rientrassi e Raffaella dovette introdurre il “consiglio” o “assemblea di classe” in situazione d’emergenza: non si riusciva a trovare una supplente stabile che mi sostituisse e la classe rifiutava qualsiasi docente.
In classe si era creata una situazione di forte disagio per cui qualsiasi insegnante si presentasse veniva disautorato con le ovvie conseguenze sia sul piano delle relazioni sia su quello degli apprendimenti. Questo è stato il contesto e la motivazione che ci ha spinte ad utilizzare questo strumento e forse anche la nostra fortuna.

Lavoriamo da anni in una scuola a modello Senza Zaino che ha come valori l’ospitalità, la comunità e la responsabilità per cui la classe era abituata a condividere spazi (l’agorà) in cui si portavano a discussione problematiche e proposte ma quella dell’assemblea o consiglio di cooperazione, come ormai è rimasto per noi, ha delle caratteristiche assai diverse.

Spesso, quando presentiamo questo strumento ad altre colleghe e colleghi ci sentiamo dire: “anche noi lo facciamo da una vita” e questo è indice di quante persone ci siano nella scuola che rendono le classi partecipi del loro percorso di crescita ma il rischio è quello di confondere uno “stile” con pratiche strutturate e sperimentate che rispondono ad un rigore progettuale.

I primi passi

Alla fase motivazionale si sono poi susseguiti i primi passi che, sostanzialmente, sono stati scanditi da: uno studio individuale della teoria per il quale ci siamo serviti della “Scuola del fare” di Celestine Freinet e del materiale fornito dall’associazione “Un ponte per” e un confronto “telefonico” su come sarebbe stato meglio proporre questa novità alla classe. Purtroppo personalmente mi sono persa i primi momenti di pratica in classe essendo in astensione dal lavoro ma ho potuto contare su una restituzione puntuale da parte di Raffaella e in alcune occasioni ho avuto la fortuna di potermi inserire clandestinamente. Come per ogni prima esperienza si è preferito procedere lentamente e concentrarsi su quelli che erano i nostri bisogni: in quel momento c’era urgenza di risolvere tutti insieme una situazione che aveva destabilizzato gli equilibri della classe e capire come poter tornare ad un’armonia anche in un contesto nuovo. Quali motivi avevano causato tante difficoltà e come poter rimediare; quali proposte avevano da fare e quali impegni ci dovevamo prendere.

I primi consigli prevedevano solo la sezione “Vogliamo parlare di…” e questa modalità è stata utilizzata per un tre o quattro sedute.

Il primo pannello murale delle nostre assemblee. Il pannello è sempre visibile e accessibile e ogni volta che bimbe e bimbi sentono la necessità di portare all’attenzione della classe una proposta, una congratulazione o una critica mettono un bigliettino nella tasca corrispondente alla sezione. Ogni biglietto deve riportare la data e la firma. Durante la ricreazione prima dell’assemblea, il o la presidente insime al o alla segretaria, raccolgono i biglietti e realizzano l’o.d.g.
La classe aveva deciso di rinominare il pannello sostituendo la parola “murale” con quella “termosifale”, trovandosi appeso ad un calorifero o termosifone.

Entriamo nei dettagli.

Come ogni consiglio di cooperazione o assemblea di classe ci sono alcuni elementi che hanno caratterizzato il “nostro” anche se la struttura di base vale per tutti.

Per lo spazio fisico nel quale si svolge siamo state avvantaggiate dall’avere un agorà stabile creato con alcuni divanetti; sappiamo che questo non vale per tutte le realtà ma ci sono soluzioni di fortuna che possono permettere uno scambio colloquiale purché ci sia sufficiente spazio per vedersi tutti in faccia e stare comodi (il classico cerchio di sedie può bastare).
La pannellistica prevede un supporto su quale possano essere messe in evidenza le sezioni di discussione che per noi sono iniziate con “Vogliamo parlare di…” e alla quale si sono aggiunte, progressivamente, “Congratulazioni” e infine “Critiche”. Ogni sezione può essere rinominata perché risponda meglio alle esigenze e caratteristiche del contesto classe.

Nella sezione “Vogliamo parlare di…” possono essere messe tutte le problematiche o le proposte che riguardano la classe. Per fare alcuni esempi sono stati argomenti ricorrenti: la durata e la gestione delle ricreazioni, la proposta di fare un’uscita o al gestione dei prestiti dei libri.

Il o la presidente dell’assemblea prende il primo biglietto del “Vogliamo parlare di…” e lo legge al gruppo dopodiché dà la parola a chi ha fatto la proposta per spiegare la proposta. A questo punto il presidente passa la parola a chi vuol commentare o suggerire proposte per la risoluzione del problema. Le maestre possono intervenire con lo stesso diritto degli alunni e delle alunne; sarà il presidente a dar loro la parola rispettando la turnazione. Quando la discussione sembra terminata si verbalizzano le decisioni prese o si procede alla votazione nel caso in cui non si riesca a raggiungere il consenso. A questo punto qualunque sia stata la modalità decisionale, quello che è stato stabilito diventa prescrittivo per l’intero gruppo anche se può essere sempre ridiscusso nel caso in cui la nuova situazione porti a disaccordi futuri.

Per “Congratuazioni” si intendono tutti quei messaggi di gratitudine o di incoraggiamento che vogliono essere fatti pubblicamente e possono riguardare un solo bambino o una sola bambina che ha agito nei confronti di altri ma anche nei confronti della comunità. È uno spazio che offre la possibilità di iniziare a vedere le cose con occhi diversi prestando attenzione a quanto di positivo succede intorno a noi. Siamo abituati a vivere in contesti dove prevalgono atteggiamenti negativi e critiche distruttive tacendo, spesso, di fronte alle cose belle, a gesti gentili. Questa sezione è aperta anche alle maetre, come la
precedente, e noi ne approfittiamo per evidenziare i loro progressi, i miglioramenti e i loro comportamenti virtuosi così che diventi un’abitudine e un modello da imitare. La parte delle “Critiche” è quella che è stata introdotta in un secondo momento e sicuramente l’aspetto che ci crea più problemi nella gestione. Nella nostra esperienza siamo arrivate a questa struttura: si metteno le critiche per comportamenti e conflitti che non si riescono a gestire in autonomia e che sono ritenuti “gravi”; la parte offesa avverte il bambino o la bambina che ha offeso del fatto che si ricorrerà alla critica in consiglio; si descrive sul biglietto in maniera precisa l’episodio accaduto e si firma come ogni altro bigliettino del pannello; si chiede al bambino o alla bambina coinvolta di controfirmare. Una volta arrivati in consiglio possono parlare solo i due bambini coinvolti e gli altri possono solo ascoltare a meno che non siano i diretti interessati a chiedere interventi esterni per ricevere proposte. Questa struttura è stata costruita nel tempo perché erano frequenti gli episodi in cui il soggetto accusato negasse la veridicità della critica per cui c’era necessità di dovizia di particolari ed elementi di “prova”. Durante la discussione l’insegnante ha il compito di riportare l’attenzione sulle emozioni e gli stati d’animo provati da entrambi i bambini o bambine perché si possa fare esercizio di empatia cercando di comprendere lo stato dell’altro; è importante che in ogni caso ci sia sospensione di giudizio come in ogni altra occasione in cui ci sia in ballo un processo di crescita. Quando il danno subito è considerato grave e non si riesce a riportare l’equilibrio tra i due si può proporre un risarcimento del quale verrà decisa la natura da entrambi. Tra i riasarcimenti più gettonati ci sono stati il prestare aiuto nel preparare la borsina al momento dell’uscita oppure fare un disegno speciale come ricompensa all’offesa. Questa sezione è per noi aperta solo alla classe e le insegnanti hanno scelto di non mettere mai biglietti di critiche.

I tempi

La tempistica invece è data dalla frequenza, stabile e da rispettare, delle sedute dell’assemblea. Essendo partite in una classe quinta ci siamo potute permettere discussioni di un’ora abbondante ma non tutte le classi riescono a reggere questi tempi. È importante, direi fondamentale, non saltare l’appuntamento stabilito; in casi di effettiva impossibilità che è facilmente riscontrabile dalla classe, si può decidere insieme di cambiare giorno o orario.

I ruoli

Anche per i ruoli noi abbiamo iniziato proponendo la maestra come presidente e segreteria ma in breve tempo i bambini e le bambine della quinta si sono sostituiti riuscendo a svolgere queste funzioni.
Il presidente o la presidente hanno il ruolo di “tenere” l’assemblea facendo da moderatori, dando la parola, gestendo le votazioni, richiamando il silenzio, e leggendo il verbale delle sedute precedenti; il segretario o la segretaria invece redigono il verbale; nel nostro caso c’era un gruppetto autonomo che pensava a raccogliere le proposte dal pannello e preparare l’ordine del giorno dell’assemblea del giorno.

Questi incarichi inizialmente sono stati decidi di comune accordo tra i bambini e le bambine che si candidavano a ricoprirli mentre con il passare del tempo era stata stabilita una rotazione visto che tutti si sono sentiti pronti provare; anche questa decisione, ovviamente, era stata presa in consiglio!

Nell’attuale classe si sono aggiunti il ruolo di “passaparola” e “custode del tempo”. Nel primo caso il bimbo o la bimba preposti hanno carta e penna per annotare chi vuol prendere la parola e in maniera ordinata chiamano gli interventi quando chi sta parlando ha concluso il suo. Il o la “custode del tempo” invece si preoccupa di proporre alla classe quanto far durare gli interventi e ha la responsabilità di aiutare a rispettare questo tempo. In questo caso non è stato facile gestire questo aspetto perché le discussioni rischiavano di durare sempre molto distraendo molti/e e facendo perdere l’interesse per gli argomenti trattati. È utile invece far capire che gli interventi devono essere preparati perché sia garantito il diritto di parola a tutti e tutte e perché tutti i bisogni hanno pari importanza.

Il verbale

Anche questo strumento ha un’importanza cruciale. Sul verbale, che è un semplice quaderno dedicato al quale è stata fatta un’apposita copertina, viene segnato l’o.d.g. e le decisioni prese. Ad ogni apertura del consiglio, si legge il verbale della seduta precedente.

I rituali

Ogni classe è giusto che stabilisca i propri rituali ma è importante che questi vengano decisi rispettati poiché conferiscono una solennità utile per un riconsocimento dello spazio e del tempo assembleare. Per noi ogni consiglio si apre con un canto iniziale, dopodiché c’è la lettura del verbale della volta precedente quindi quella dell’o.d.g. Da questo momento il presidente inzia con la lettura del primo biglietto.

Classe seconda, una delle prime assemblee autogestite dalla classe in cui noi insegnanti ci siamo limitate a partecipare come membre dell’assemblea senza ruoli gestionali.

Come siamo ripartite

Dopo l’esperinza vissuta direttamente e indirettamente con la classe quinta, con Raffaella abbiamo deciso che, con il nuovo ciclo, saremmo partite da subito e così abbiamo fatto. Le famiglie erano state avvertite e avevamo portato come testimonianza alcuni spezzoni video di documentazione girati l’anno precedente. Durante i primi giorni di accoglienza erano ricorrenti le domande delle bambine e dei bambini finalizzate a ricevere indicazioni rispetto a come potersi spartire il materiale, se fosse possibile portare giochi da casa o come gestire i primi conflitti, tutti aspetti che meritavano una discussione collettiva. La nostra risposta è sempre stata: “bella domanda, hai ragione, dovremo parlarne al Consiglio di Cooperazione” ma nessuno sapeva che cosa fosse; ebbene questa risposta non ha mai stimolato qualcuno ad avere ulteriori dettagli fino a quando, dopo circa due settimane, li abbiamo riuniti dicendo loro: “ricordate tutte le volte che vi abbiamo risposto – ne parleremo al Consiglio di Cooperazione – ? Ma lo sapete che cos’è?”.

Abbiamo così presentato l’assemblea di classe con le sue regole, la sola sezione del “Vogliamo parlare di…” e abbiamo fissato la prima seduta. A quel punto il problema successivo che i bambini ci hanno posto è stato: “ma io non so scrivere come faccio a mettere il bigliettino?” Ecco che l’assemblea è stata, ancor prima che uno esercizio di democrazia, la motivazione alla scrittura e lettura spontanea oltre che occasione di apprendimento cooperativo perché gli esperti si offrivano per fare da scrivani o dal traduttori e in caso di bisogno le insegnanti risucivano a tradurre da qualsiasi lingua: ciascuno poteva esprimersi nel suo “modo naturale”. C’erano biglietti scritti in “oliviese”, quelli in “gioelese” e qualcuno che assomigliava maggiormente all’italiano ma tutti trovavano il modo per esprimersi.

La settimana successiva abbiamo avuto quaranta minuti di attenzione e interventi per prendere le prime decisioni. Non avremmo mai immaginato tanta partecipazione!
Per un periodo piuttosto lungo le sedute hanno previsto solo la sezione del “Vogliamo parlare di…” e per tutto il primo anno abbiamo mantenuto due incontri settimanali di venti minuti. Da questo anno stiamo facendo un’assemblea a settimana di quaranta/cinquanta minuti.

Ammettiamo che da allora ci sono stati appuntamenti in cui i cali di attenzione sono stati evidenti, la partecipazione è venuta meno o le discussioni non hanno portato decisioni condivise da tutti/e ma è uno strumento forte, nel quale la classe ormai ripone fiducia. Siamo ai primi passi con loro per cui la presenza delle insegnanti è ancora determinante ma siamo certe che con il tempo riusciranno a raggiungere la giusta autonomia. Per il momento la funzione di presidente e segretaria non è ancora passata nelle loro mani e confidiamo di partire al rientro dalle vacanze natalizie; invece da circa un mese due bambine e un bambino si sono prese il compito di stabilire l’o.d.g.

Alla fine del primo anno abbiamo, poi, proposto un consiglio di cooperazione aperto alle famiglie per cui, in occasione della giornata del Senza zaino day, abbiamo ascoltato anche le loro proposte e sono stati affrontati argomenti e problematiche che hanno coinvolto la classe e l’intero plesso parlando, tra le altre cose, dell’obbligo di indossare il grembiule. Questo aspetto era stato dibattuto varie volte nel corso degli anni ma solo a livello collegiale escludendo dalla discussione i veri protagonisti della faccenda. Oggi siamo arrivati ad una decisione di transito che sta permettendo diverse forme di sperimentazione perché tutti insieme ci siamo resi conto che dovremmo tenere di conto delle esigenze di un gruppo classe compatto che non può ignorare, però, le regole date dalla comunità della quale fa parte; è stata l’occasione per andare a ricercare le origini di questo “status quo” per scoprire che alla fine non esiste nessun regolamento che impone l’uso del grembiule ma una consuetudine che ha assunto con il tempo il ruolo di “legge”. Questo è solo un esempio di quanto sia autentico un esercizio di questo tipo e di quante competenze può sviluppare oltre ad aiutare i bambini e le bambine a crescere sviluppando un forte senso di appartenenza alla società, un pensiero critico, il rispetto per le idee altrui e la partecipazione alla vita comunitaria.

Alcuni “consigli” e piccole soddisfazioni

Dopo questo percorso la soddisfazione più grande è stata quella di aver saputo che un piccolo gruppo di ragazzini e ragazzine dello scorso ciclo, di fronte ad un problema relazionale emerso nell’attuale classe di scuola secondaria, ha chiesto al corpo docenti di poter avere uno spazio per svolgere il Consiglio di Cooperazione nell’attuale classe. Quindi, si sono presi/e l’impegno di spiegare ai nuovi compagni e alle nuove compagne le modalità di realizzazione, i materiali necessari e stabilire una nuova organizzazione compatibile con la diversa struttura della scuola media. Questa loro autonomia e soprattutto il senso di responsabilità emerso ci fanno dire che abbiamo fatto la scelta giusta e continueremo a vederne i risultati.

Indubbiamente è un percorso che richiede impegno e una grande convinzione di fondo con i quali si superano le prima difficoltà che di solito emergono in fase progettuale: “non ho abbastanza tempo”, “la classe è troppo numerosa”, “è una classe difficile”, “l’aula è piccola e non consente di ricavare uno spazio per la discussione”…

Spesso c’è anche il limite di trovarsi sole/i in questa avventura perché il collega o la collega non è interessata a condividere l’esperienza. Sicuramente è un aspetto da non sottovalutare e che potrebbe influenzarne la riuscita ma l’obiettivo è quello di rendere autonomi i bambini e le bambine nella gestione della democrazia di classe per cui il ruolo dell’insegnante è quella di accompagnarli e fornir loro gli strumenti perché possano fare, progressivamente, da soli e saranno loro stessi a portare dentro ilpercorso anche le persone che inizialmente possono essersi mostrate reticenti o addirittura contrarie.

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